Nelle
sue memorie del 1906, il padre cappuccino Francesco Zedda ricordava
che nella parte orientale delle antiche terme romane di Fordongianus
si scorgevano ancora bene gli avanzi di una chiesa abbaziale della
quale, all’epoca, erano ancora visibili le fondamenta dei
muri, la porta d'ingresso, ed un muro alto di più di due
metri, ancora ritto in fondo all'abside. Il sito non era di certo
troppo salubre data la vicinanza col fiume Tirso, ma i locali
dovevano essere abbastanza spaziosi da offrire le maggiori comodità:
tale fabbricato si estendeva, infatti, fino alle ultime case di
Fordongianus moderna verso il fiume e l'orto all'estremo limite
del ponte.
Diceva ancora il padre cappuccino che l'abbazia confinava col
fiume, viste le rovine di muraglioni che ancora esistevano e che
dalla parte dell'orto arrivavano fin lì, ed affermava che
“…
i monaci di ciò si servivano a scopo altamente benefico:
nell'inverno, quando le acque si ingrossavano e l'antico ponte
Hypsitano, a m.30 sopra, non presentava sufficiente sicurezza
per il passaggio, essi gratuitamente offrivano le loro barche
al servizio del popolo. Il traghettare dall'una all'altra sponda
del fiume persone, bestiame e materiali, consideravano opera eccellente
di carità; ed essi universalmente ammirati, la compivano
con esemplare disinteresse …”.
Egli affermava ancora che tale abbazia era stata sede dell’Ordine
monastico dei benedettini di Vallombrosa, poiché presso
questi ruderi fu trovato un sigillo, raffigurante un prelato con
barba e abito monacale e sotto le parole "AB.
MOLDAVUS. SUP.", che il cappuccino diceva
appartenere ad un superiore nell'Ordine di Vallombrosa, discendente
dei nobili Moldavi di Pavia.
Di tutt’altro parere era il canonico Giovanni Spano. Egli
ci fa sapere che, verso la fine del sec. XVIII, scavando le fondamenta
per ricostruire il vecchio ponte di Fordongianus, detto anticamente
Pons Hypsitanus, fu trovato un sigillo (vedi foto in alto) che
riportava la figura di un pellegrino con intorno la scritta: S.
FRIS. MART. DI. GRA. DNS. Z. MGR. HOSP. DE. SC. IAC. D. ALTPA
(Sigillum
FratRIS MARTini
DeI GRAtia DomiNuS
et MaGisteR
HOSPitalis DE SanCto
IACobo De
ALToPAssu).
Esso attesta la presenza dell'Ordine di Altopascio
a Fordongianus e ricorda un Maestro Generale dell'Ordine, venuto
in Sardegna per verificare di persona la funzionalità di
tutte le obedientiae facenti parte del vasto sistema operativo
ospedaliero.
Potrebbe trattarsi di Martino di Bonagiunta,
primo Maestro Maggiore dello spedale di Altopascio che ci è
noto grazie ad un documento del 1092; oppure di Martino da Vecchiaia,
citato per la prima volta nel 1108 e poi ininterrottamente fino
all’anno 1146. L‘attività amministrativa esercitata
da quest’ultimo porta a credere che fu proprio lui il titolare
del sigillo.
Questa mansione, afferma lo Spano, esisteva alla
sponda sinistra del ponte vicino alle aie, nel sito che si chiamava
"La Maddalena", dove esistono ruderi antichi e dove,
per tradizione popolare, esisteva un convento.
Nelle bolle di papa Alessandro III (20 aprile
1176), di papa Onorio III (15 ottobre 1216), di papa Gregorio
IX (27 giugno 1227) e di papa Innocenzo IV (20 giugno 1253), dirette
all’abate generale di Vallombrosa circa la conferma dei
possedimenti sardi, non viene citata alcuna notizia della loro
presenza in questa zona.
La possibilità che l'impianto monastico
descritto dal Zedda, sia da attribuire ai Cavalieri del Tau di
Altopascio piùttosto che ai Vallombrosani è avvalorata
anche dal fatto che proprio i primi avevano come prerogativa quella
di accogliere ed assistere pellegrini e viandanti, e di agevolare
il loro cammino soprattutto in occasione di attraversamento di
fiumi.
Si può così facilmente intuire
che anche a Fordongianus, più che i Vallombrosani, fossero
gli Altopascini a restaurare ed amministrare il ponte Hypsitano
oppure, data l'inagibilità di questo, a traghettare i pellegrini
o i viaggiatori da una riva all'altra del Tirso. Ancor di più,
la presenza di tale sigillo può far pensare all'esistenza
a Fordongianus di una obedientia di una certa importanza poichè
visitata da un Maestro Generale, il quale per morte o per smarrimento
o dimenticanza si separò da detto sigillo.
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